Tre domande su una scelta professionale e/o di vita, sul bilancio di un anno e sul futuro agli addetti
upp venuti da lontano (espatriati o expats).
Espatriati o expats?
Questo articolo è dedicato a quelli che mi piace definire “espatriati” o per usare un inglesismo gli
expats: quelli che lasciano il paese di origine per cercare fortuna economica e professionale e non
soltanto, forse anche se stessi.
Non in tutti gli uffici o sezioni ci sono colleghi che sono emigrati al Nord, ma nella mia sezione
questo è successo sia con l’ingresso del primo scaglione a febbraio dello scorso anno che in occasione del primo, e per ora unico, scorrimento nazionale qualche mese dopo. Si è trattato di due scelte opposte: la prima volontaria, sin dal voler concorrere per il distretto di Corte d’Appello di Milano, e l’altra obbligata dalla paventata esclusione dalla graduatoria in caso di non partecipazione allo scorrimento nazionale.
Nel primo caso è stato un ritorno e anche una scelta di vita, lasciare la Puglia e la professione legale, per una città ancora più grande quale è Milano, metropoli europea, e per un lavoro con uno stipendio fisso e meno precario di quello di un libero professionista. Una scelta, comunque maturata nel tempo, a cui sono seguiti ormai 15 mesi di lavoro in un ambiente favorevole e di amicizia, anche fuori dal Tribunale. In questi mesi è cresciuta in lei anche la voglia di continuare, dopo i 31/ 36 mesi di contratto, a fare questo lavoro con la speranza e l’auspicio di essere stabilizzata. Nel frattempo, se sarà necessario, c’è anche il pensiero di rimettersi a studiare per il secondo scaglione per allungare i mesi di servizio rispetto a quelli trascorsi e rimanere in Tribunale a Milano il più a lungo possibile.
Nel secondo caso la scelta di trasferirsi è diventata ancora più definitiva con il passaggio, dopo qualche mese, ad un’altra amministrazione con un contratto a tempo indeterminato, cogliendo l’opportunità di una definitiva stabilità rispetto ad una stabilizzazione da addetto upp che rimane ancora incerta.
Per altri, al di fuori della XI sezione civile, il passaggio al nord è stato solo temporaneo, essendo riusciti ad ottenere per via giudiziaria (riconoscimento di punteggio per laurea del vecchio ordinamento) il passaggio da idonei a vincitori nella graduatoria del proprio distretto di appartenenza al sud.
Le scelte di Simona, Maria, Maddalena ed Emilia
Uscendo dal Tribunale di Milano ho trovato altri casi di expats a cui ho rivolto 3 semplici domande
sulle ragioni della scelta, sul bilancio di quasi un anno di servizio e sulle aspettative sul secondo
scaglione e sulla stabilizzazione.
Simona del Tribunale di Monza mi ha risposto: “ho scelto il nord perché mi sono sentita costretta dal momento che il Ministero ci ha messo dinanzi un aut aut vero e proprio: o scegliete un posto al nord o siete fuori! Nel mio caso, ho scelto la corte d’appello di Milano perché avevo già vissuto qui durante parte del mio percorso universitario quindi l’ho sentito un posto familiare, dovendo affrontare un cambiamento ho cercato di individuare un distretto comfort. Monza è stata la mia seconda scelta e ci sono finita in base al punteggio”. Sul bilancio e sulla situazione attuale la risposta è stata positiva: “mi trovo molto bene, professionalmente e umanamente sebbene il tribunale di Monza sia un po’; complicato per via del sotto organico e degli spazi ristretti. Credo sia proprio un problema strutturale. Il fatto di aver trovato qui colleghi giovani della mia età mi ha aiutato molto. Abbiamo creato un gruppo veramente unito che prescinde dal contesto lavorativo. Io sono al penale (su mia espressa richiesta) e sono stata assegnata sin da settembre a un giudice giovane, curo il suo ruolo a 360 gradi e devo dire che davvero la ritengo una esperienza arricchente e formativa, oserei dire anche stimolante”. La terza risposta svela quello che è probabilmente lo stato d’animo prevalente fra i giovani addetti upp:”il futuro mi spaventa, non so cosa sarà di noi, spero che definiscano meglio la figura nel caso in cui dovessero stabilizzarci. Non penso di partecipare all’altro concorso: non avrebbe senso, non darebbe continuità al mio lavoro e al mio percorso professionale; qualora dovesse terminare questa esperienza lavorativa, la vivrei come un’esperienza e cercherei qualcosa di più stabile e duraturo. Ci tengo a dirti che io lavoro come se non dovessi andarmene mai, perché se dovessi mettermi a pensare che fra un anno e mezzo potrebbe finire, è possibile che la mia resa possa non essere la stessa”.
C’è poi chi come Maria, appartenente a un distretto siciliano, questa possibilità di emigrare non è
riuscita a concretizzarla per una posizione in graduatoria non favorevole. Ciò non le ha impedito di
rispondere alle altre due domande:” sull’ impatto che ho avuto, sicuramente è stata una bella emozione, che mi consentirà di avere un’importante esperienza nella pubblica amministrazione” e
“spero che il contratto verrà prorogato a 36 mesi con una possibile stabilizzazione, e in ogni caso immagino il mio futuro lavorando per sempre in una Pubblica Amministrazione. A tal proposito non
smetterò di studiare e partecipare ad altri concorsi”.
C’è chi il treno per il nord, o forse il pullman, lo ha preso a febbraio di quest’anno ed è arrivata fino a Trento dopo un’attesa di qualche mese. È il caso di Maddalena che ha partecipato al concorso di Trento e Bolzano per una scelta di vita professionale, nel segno di una migliore organizzazione del rapporto fra tempo e lavoro che l’impiego pubblico in Tribunale garantisce comunque rispetto alla frenetica e non sempre gratificante, anche economicamente, libera professione. È stata una scelta non estemporanea perché Trento è per lei una provincia conosciuta, apprezzata e amata col passare degli anni per le vacanze trascorse sulla neve e in montagna. Di questi primi mesi Maddalena ha già un bilancio positivo perché l’accoglienza e l’ambiente sono stati migliori di quello che si aspettava. E questo non è facile perché la positività deve arrivare sia dal personale amministrativo che dal magistrato assegnatario. Sulle aspettative per il futuro chiaramente la sua speranza è di essere stabilizzata o al termine dei 31/36 mesi del suo contratto oppure con la partecipazione al concorso per il secondo scaglione. Un’occasione, quest’ultima, anche per riavvicinarsi alla famiglia e sottrarsi a una vita da pendolare che riguarda una parte importante di chi, expats o espatriato al Nord, non ha potuto portare con sé il proprio nucleo familiare.
Per Emilia la scelta del nord “precisamente Busto Arsizio perché qui vive mio fratello e sua moglie e in questo modo mi sarei sentita più serena soprattutto non troppo sola perché ho lasciato giù i miei due figli minori e mio marito nonché i miei genitori”. Oggi a distanza di mesi la sua risposta è “Mi trovo benissimo nel Tribunale di Busto Arsizio, sono tutti molto disponibili comprensivi e soprattutto molto professionali, certo sapere del secondo scorrimento per me è stato uno shock perché sarei potuta rientrare al sud con il mio punteggio ed essere vicino ai miei cari invece resto qui e la mia unica fortuna è che mi trovo molto bene al lavoro, ho dei colleghi eccezionali e i giudici credono molto in noi.” Sul domani invece “Immagino il mio futuro come un addetto UPP e vivo questi anni come una stupenda esperienza e soprattutto con la speranza viva che possiamo passare a tempo indeterminato. Sicuramente parteciperò al concorso se ci sarà, anche se lo ritengo ridicolo.”
Sul secondo concorso sicuramente mi sento di poter scrivere che davvero si è creato un mezzo pasticcio, che sarebbe risolvibile forse solo con una deroga alla norma che prevede che i contratti a tempo terminato nella pubblica amministrazione non superino i 36 mesi. Una scelta ragionevole sarebbe prorogare con i fondi Pnrr già previsti fino al 30 giugno 2026 i contratti di chi è ancora in servizio con il primo scaglione e fare al contrario un nuovo concorso per i posti che rimarranno scoperti dopo il prossimo scorrimento nazionale. In questo modo si potrebbe avere anche una nuova graduatoria di idonei non vincitori a cui attingere per le dimissioni che si dovessero verificare da qui al giugno 2026. Fermo restando che a fine 2024 ci sono degli obiettivi da raggiungere di riduzione dell’arretrato del 65% in 1° grado e del 55 % in 2° grado per cui il personale deve essere quanto più possibile al completo, oltre che rodato e ben formato. Non bisogna dimenticare anche per le riforme di cui si parla tanto che anche le migliori intenzioni sono destinate a fallire se non c’è personale che le applichi sul campo, d’altronde una macchina senza carburante non è forse destinata prima o poi a fermarsi a bordo strada?
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