Sommario. 1. Incipit – 2. Il contesto normativo e la ratio del legislatore. – 3. Limiti al contenuto del verbale di mediazione.
- Incipit
Il verbale è il documento predisposto dal mediatore assieme alle parti del procedimento, che attesta quanto è accaduto durante l’incontro di mediazione.
Il contenuto di tale atto riguarda sia l’identificazione delle parti e il profilo fattuale – giuridico dell’incontro, sia quanto è stato disposto nel merito all’interno di tale contesto.
Va da sé che quanto riportato nel verbale è strettamente legato al rispetto del principio di riservatezza.
Innanzitutto occorre premettere che per le parti la riservatezza costituisce un diritto disponibile e reciproco, ciò significa che il principio di disposizione trova un suo naturale limite nel rispettivo diritto della controparte a vederne rispettato il proprio.
- Il contesto normativo e la ratio del legislatore.
La legislazione comunitaria (art. 7 Direttiva n. 2008/52/CE) ha previsto che, nell’ottica della garanzia di riservatezza, gli Stati membri siano chiamati a rendere relativa assicurazione, per cui i mediatori, così come i soggetti partecipi alla procedura di mediazione, non possano essere gravati dell’onere di rendere la propria testimonianza nell’ambito di un procedimento giudiziario oppure arbitrario.
Vengono fatti salvi i casi nei quali, quanto precede si renda necessario per ragioni di ordine pubblico dello Stato membro; la comunicazione dell’accordo risultante dalla mediazione resta necessaria ai fini dell’applicazione oppure dell’esecuzione dello stesso.
Il principio di riservatezza rimane pur tuttavia suscettibile di essere sottoposto a deroga in determinate condizioni. Il che – nell’ottica del legislatore comunitario – ha luogo allorché vi sia urgenza di ricorrere all’utilizzo delle informazioni riservate e ciò si verifica quando vi siano interessi di carattere superiore ovvero meritevoli (il riferimento è al 23° considerando della Direttiva cit.).
A livello nazionale la riservatezza è un diritto regolato dal codice in materia di dati personali, d.lgs. n. 196/2003, nonché dal successivo d.lgs. n. 101/2018 che recepisce il regolamento europeo n. 679/2016 (GDPR).
Il decreto legislativo n. 28/2010 all’art. 9 («Dovere di riservatezza») prevede che gli atti resi nel corso dello svolgimento della mediazione rimangano celati a soggetti terzi cui è dunque precluso il relativo accesso. Inoltre al mediatore è precluso di rilevare anche alle altre parti, salvo esplicito consenso, quanto i mediandi abbiano dichiarato in sede di sessioni separate.
Si tratta di un vantaggio che viene, intanto, a radicare sulla possibilità, in tal modo offerta alle parti di non spogliarsi, attraverso la diffusione degli atti, di quella sorta di riservato contenimento dei presupposti e del contenuto della controversia.
Invero, tale previsione risponde al fine di rimuovere quelle titubanze, quelle preoccupazioni, legate più che altro all’accettazione del rischio che, attraverso l’esercizio completo delle varie fasi della mediazione, la parte possa eccessivamente rendere evidenti le proprie ambizioni e i mezzi dei quali essa intende avvalersi, così da vedere portata all’attenzione di quella avversaria, la stessa strategia della quale la parte interessata intenda eventualmente avvalersi nella sede processuale.
Il successivo art. 10 («Inutilizzabilità e segreto professionale») dispone che le informazioni assunte in costanza del procedimento mediativo si estraniano dalla possibilità:
- di essere utilizzabili;
- di rimanere sottoponibili a prova attraverso il ricorso a mezzi quali la testimonianza oppure l’istituto del giuramento decisorio.
Inoltre al mediatore sono applicabili le previsioni dettate in ordine al segreto professionale dalla disposizione di cui all’art. 200 del codice di rito penale, nonché quelle stesse garanzie che lo stesso codice attribuisce al difensore, segnatamente con la previsione di cui all’art. 103 c.p.p., relativamente all’eventualità di ipotesi di ispezione e di perquisizione.
Un ulteriore richiamo alla riservatezza è sancito dall’art. 11 del d.lgs. 28/2010 («Conciliazione), laddove in merito all’eventuale proposta di conciliazione esplicitata dal mediatore, fa espresso divieto allo stesso di rivelare ogni dichiarazione o informazione acquisita nel corso del procedimento, ferma restando la possibilità per il mediatore di motivare la proposta formulata.
- Limiti al contenuto del verbale di mediazione.
Le considerazioni di cui sopra indicano un punto fermo: ciò che riguarda il contenuto del verbale relativo al merito del procedimento mediativo deve rispettare il principio di riservatezza, ciò significa che, nel caso di mutuo consenso, quanto attestato durante le sessioni potrà essere riportato nel verbale.
Quid est riguardo a un eventuale disaccordo tra le parti circa quanto restituire nel verbale medesimo? Il mediatore è tenuto a rispettare determinati limiti?
In primo luogo il principio della riservatezza non si applica al contenuto relativo all’accertamento dell’identificazione delle parti, dei loro delegati e dei loro difensori, al fine di verificare se vi siano i presupposti soggettivi per dar corso alla procedura di mediazione e, quindi, all’informativa di cui al primo comma dell’art. 8 del d.lgs. n. 28/2010, poiché il suddetto principio riguarda le dichiarazioni delle parti riferite al solo contenuto sostanziale dell’incontro di mediazione e cioè al merito della lite (in tal senso, cfr. Tribunale di Udine, Sezione I, sentenza 07/03/2018).
Viceversa, con riferimento al merito, occorre innanzitutto distinguere tra il verbale intermedio, il cui contenuto non è destinato a essere rivelato a terzi, rimanendo nella sola disponibilità delle parti e dell’organismo di mediazione, e il verbale definitivo, che ha compiuta rilevanza nei confronti dei terzi e quindi anche del giudice.
Ad avviso della scrivente, posto che non vi sono preclusioni legislative in merito al contenuto del verbale intermedio, in caso di disaccordo tra le parti il mediatore potrà riportare quanto da ciascuna dichiarato, fermo restando il rispetto del principio del contraddittorio e della rilevanza dell’atto ai fini della mediazione.
Invero, per il verbale definitivo occorre fare un ulteriore distinguo. Qualora si tratti di verbale di accordo, il contenuto di tale documento sarà composto nel consenso delle parti e allegato al testo dell’accordo stesso.
Diversamente, in caso di verbale negativo, che verrà sottoposto al giudice nel successivo procedimento giudiziale, il diritto di riservatezza dovrà essere applicato in modo più rigoroso. Ciò significa che una parte, ad esempio, potrà indicare fatti o atti che comprovano il suo diritto o l’infondatezza di quello della parte avversa. Pur tuttavia, tale diritto trova un limite nel rispettivo diritto altrui di non rivelare contenuti lesivi della propria riservatezza.
Ragionando a contrariis si lederebbe il principio cardine della mediazione per cui le parti devono sentirsi libere di poter affermare o dichiarare contenuti che il mediatore utilizza per accompagnare le stesse al raggiungimento dell’accordo, che è il fine ultimo dell’istituto della mediazione.
Da ultimo, e in assenza di una raccolta di prassi giurisprudenziali sul tema oggetto di odierna analisi, occorre tener conto che ogni organismo di mediazione è dotato di un proprio regolamento, ne consegue che la relativa disciplina sulla riservatezza conosce diversi gradi di elasticità. Fermo restando che nella prassi operativa un ruolo determinante è rivestito dalla sensibilità del singolo mediatore e che la questione relativa al contenuto del verbale potrebbe essere oggetto di apposita regolamentazione da parte dell’organismo di mediazione.
Avvocato Chiara Bevilacqua
www.avvocatochiarabevilacqua.it
chiarabev@gmail.com
L’avvocato Chiara Bevilacqua nasce a Valdagno (VI) il 3 febbraio 1976.
Consegue la laurea magistrale con lode a 23 anni in Economia e Legislazione per l’Impresa presso l’Università L. Bocconi.
Inizia la sua carriera professionale presso la banca d’affari Citigroup a New York e Londra, dove per quattro anni si occupa di finanza straordinaria, partecipando a numerose operazioni di quotazione, fusioni, scorpori nel mercato italiano e internazionale.
Prosegue la sua attività a Milano presso la banca d’affari del Gruppo UniCredit.
Nel 2009, sceglie di rallentare i ritmi lavorativi per dedicarsi maggiormente alla crescita dei suoi figli gemelli, nati nel 2005.
Nel frattempo Chiara consegue la laurea magistrale con lode in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano, specializzandosi in diritto penale processuale, nonché la successiva abilitazione per l’esercizio della professione forense (Foro degli avvocati di Milano).
Attualmente collabora con il dipartimento di diritto penale Cesare Beccaria, occupandosi di diritto processuale penale. Chiara ha conseguito l’abilitazione per l’iscrizione all’Elenco Unico Nazionale dei Difensori d’Ufficio. Si occupa altresì di diritto societario, contenzioso, antitrust, diritto del lavoro, nonché di diritto penale nell’ambito familiare.
E’ autrice di copiosi elaborati pubblicati in riviste specializzate nella materia penalistica e in mediazione: Diritto Penale Contemporaneo, Archivio Penale, Sistema Penale, Ondif, Diritto.it , Studio Cataldi. Ha collaborato con la casa editrice Giappichelli alle Raccolte 2018-2019-2020 di «Un anno di sentenze. Penale, Civile, Amministrativo».
Diplomata in pianoforte al Conservatorio di Vicenza, è appassionata di arte e musica classica e fermamente convinta che la cultura sia strumento di libertà e conoscenza del prossimo.
Il suo percorso da avvocato inizia presso lo Studio Trevisan & Associati di Milano, dopodiché Chiara prosegue in autonomia l’attività, collaborando con selezionati studi legali e sfruttando le competenze maturate in ambito finanziario-giuridico.
Da sempre sostenitrice che fare l’interesse del cliente implichi l’utilizzo di forme di dialogo e collaborazione, di un nuovo approccio per la gestione delle controversie e dei conflitti, Chiara si avvicina al mondo della mediazione che la porterà nel febbraio 2019 a diventare Mediatore Civile e Commerciale e nel 2021 a iscriversi al master in Mediazione Familiare, in corso di conseguimento.
Crede fermamente in un percorso alternativo al contenzioso giudiziale che possa portare le persone a decidere autonomamente come risolvere i propri conflitti, a far emergere e soddisfare pienamente i bisogni e gli interessi effettivi. Ha trovato in Dpl Mediazione & Co. una realtà che riflette pienamente questi valori.
La vicinanza alla persona, la capacità di accogliere il problema,x l’essere equi-prossimi nella gestione dei conflitti, sono elementi che contraddistinguono l’operatività di Dpl Mediazione & Co. e l’approccio di Chiara con i suoi assistiti nella quotidianità della professione.
chiarabev@gmail.com