Una parte significativa dell’attività legislativa degli ultimi mesi è stata dedicata alle ADR, e
precisamente alla mediazione civile e commerciale e alla negoziazione assistita.
Con riferimento alla mediazione, una questione oggetto di riforma, sulla quale il sottoscritto aveva
già espresso alcune perplessità, è quella relativa alla possibilità di poter utilizzare il patrocinio a
spese dello Stato, qualora la mediazione abbia esito positivo.
Il nuovo articolo 15 – bis del D.M.28/2010, aggiunto dal decreto legislativo numero 149 del 10
ottobre 2022, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 17 ottobre successivo, recante attuazione della
legge delega 26 novembre 2021 n. 206 e rubricato “Istituzione del patrocinio a spese dello Stato
nella mediazione civile e commerciale”, infatti, così dispone: “È assicurato, alle condizioni stabilite
nel presente capo, il patrocinio a spese dello Stato alla parte non abbiente per l’assistenza
dell’avvocato nel procedimento di mediazione nei casi di cui all’articolo 5, comma 1, se è
raggiunto l’accordo di conciliazione. L’ammissione al patrocinio è esclusa nelle controversie per
cessione di crediti e ragioni altrui, ad eccezione del caso in cui la cessione appare indubbiamente
fatta in pagamento di crediti o ragioni preesistenti”.
La norma, seppur, come detto, ad avviso dello scrivente susciti qualche perplessità, per le ragioni
meglio infra esplicitate, si conforma alla sentenza della Corte Costituzionale 20 gennaio 2022 n. 10,
la quale ha dichiarato l’incostituzionalità degli artt. 74, comma 2 e 75, comma 1, del D.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, recante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
di spese di giustizia”, (Testo A), nella parte in cui non prevedono che il patrocinio a spese dello
Stato sia applicabile anche l’attività difensiva svolta nell’ambito dei procedimenti di mediazione di
cui all’art. 5 comma 1-bis, del D.Lgs 4 marzo 2010 n. 28 (Attuazione dell’articolo 60 della legge 18
giugno 2009 n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e
commerciali), quando nel corso degli stessi è stato raggiunto un accordo, nonché dell’art. 83,
comma 2, del medesimo D.P.R. 115/2002, nella parte in cui non prevede che, in tali fattispecie, alla
liquidazione in favore del difensore provveda l’autorità giudiziaria che sarebbe stata competente a
decidere la controversia. E’ stato ritenuto evidente il radicale vulnus arrecato dalle norme censurate
al diritto di difendersi dei non abbienti in un procedimento che, per un verso, è imposto ex lege in
specifiche materie e che, per l’altro, è strumentale al giudizio al punto da condizionare l’esercizio del
diritto di azione e il relativo esito.
Alla liquidazione delle spese giudiziali in favore del difensore procede l’autorità giudiziaria
che sarebbe stata competente a decidere sulla controversia, nel merito.
La questione di costituzionalità era stata sollevata sia dal Tribunale di Oristano, che da
quello di Palermo, in relazione alla violazione degli artt. 3 e 24 terzo comma della
Costituzione, con riferimento agli articoli . 74 comma 2, 75 comma 1 e 83 comma 2 del
D.P.R. 115/2002.
La prima delle citate disposizioni, prevede il patrocinio nel processo civile, amministrativo,
contabile tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, le cui ragioni non risultino
manifestamente infondate. La seconda, invece, stabilisce la validità dell’ammissione al
patrocinio “per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali procedure,
derivate ed accidentali, comunque connesse”
Infine, l’ultima norma oggetto di analisi da parte della Corte Costituzionale, disciplina la
liquidazione del compenso del difensore, effettuata al termine di ciascuna fase o grado, o
al momento della cessazione dell’incarico, dall’Autorità Giudiziaria che “ha proceduto”.
La rimessione della questione alla Corte Costituzionale riguardano la mancata estensione
del gratuito patrocinio dei non abbienti nel procedimento di mediazione obbligatoria, di cui
all’articolo 5, comma 1, del D.Lgs 28/2010, che si conclude con l’accordo, senza
successivo giudizio contenzioso, in relazione ai seguenti profili:
* preclusione dell’accesso alla mediazione obbligatoria come condizione di procedibilità
in alcune materie per i non abbienti, con pregiudizio della tutela dei diritti di chi non ha
redditi adeguati;
* paralisi irragionevole della parte e dell’avvocato che hanno portato la mediazione a
realizzare il suo scopo nell’accordo, rispetto alle mediazioni concluse senza accordo, con
lavoro non retribuito per l’avvocato.
La Corte Costituzionale, dato atto della contestuale approvazione della legge delega n.
206/2021, sulla riforma delle ADR e del processo civile (il decreto legislativo 149 è
successivo, del 10 ottobre 2022), motiva la propria decisione come segue:
“Privare i non abbienti del patrocinio a spese dello Stato significa destinarli di fatto, precludendo
loro la possibilità della difesa tecnica, a subire l'asimmetria rispetto alla controparte abbiente in
relazione a un procedimento che, come si è chiarito, in determinate materie è direttamente imposto
dalla legge e rientra nell’esercizio della funzione giudiziaria giacché condiziona l’esercizio del
diritto di azione.
“Il non abbiente è, peraltro, addirittura esposto al grave rischio di improcedibilità della sua
domanda, qualora l'assistenza tecnica sia ritenuta non solo possibile ma anche obbligatoria dal
giudice, in conformità a quanto affermato, con riferimento alla mediazione di cui si discute, dalla
Corte di cassazione (Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 27 marzo 2019, n. 8473) –
sia pure nell’esaminare funditus solo lo specifico tema della necessaria presenza personale della
parte dinanzi al mediatore – e nella circolare del Ministero della giustizia 27 novembre 2013
(Entrata in vigore dell’art. 84 del D.L. 69 del 2013 come convertito dalla L. n. 98 del 2013, recante
disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, che modifica il D.Lgs. 28 del 2020 (Primi
chiarimenti).
Non è poi marginale aggiungere che la mediazione presuppone, in ogni caso, sin dalla sua
attivazione il possesso di specifiche cognizioni tecniche di cui la parte non abbiente potrebbe essere
priva: la relativa istanza richiede, infatti, l'individuazione sia del giudice territorialmente
competente a conoscere della controversia, dovendo essere depositata presso un organismo che ha
appunto sede nel luogo di tale giudice, sia delle parti, nonché dell’oggetto e delle ragioni della
pretesa (art. 4, commi 1 e 2, del D.Lgs. 28/2010)
L'assenza di difesa tecnica nel procedimento di mediazione può, infine, riflettersi anche sotto
ulteriori punti di vista sull’esito del successivo processo, ove si consideri che in caso di rifiuto della
proposta conciliativa, se la successiva decisione giudiziale dovesse corrispondere al contenuto
della proposta medesima, il giudice potrà escludere la ripetizione delle spese della parte vincitrice
che ha opposto il rifiuto e condannarla al pagamento delle spese processuali della controparte,
oltre che al versamento di una somma corrispondente all’importo del contributo unificato ( art. 13,
comma 1, del D.Lgs. 28/2010)
È in definitiva evidente il radicale vulnus arrecato dalle norme censurate al diritto di difendersi dei
non abbienti in un procedimento che, per un verso, è imposto ex lege in specifiche materie e che,
per l’altro, è strumentale al giudizio al punto da condizionare l’;esercizio del diritto di azione e il
relativo esito.
Inoltre, sussisterebbe violazione dell’art. 3 Cost anche tra gli stessi soggetti non abbienti in quanto
solo in caso di controversie transfrontaliere, on un procedimento stragiudiziale, sarebbe possibile
poter utilizzare la misura del patrocinio a spese dello Stato, ex art. 10 del D.Lgs. 116/2005”.
In un passaggio argomentativo, inoltre, la Consulta sottolinea che eventuali esigenze di
bilancio dello Stato non potrebbero comprimere il diritto di difesa di ogni cittadino e proprio
al fine di garantire detto diritto la sentenza ha efficacia retroattiva, quindi anche in
relazione alle mediazioni già iniziate.
Ad avviso dello scrivente, seppur i principi espressi dal Giudice delle Leggi siano ispirati,
pregevolmente, alla massima tutela dei diritti dei meno abbienti, così come recepiti dal
legislatore della riforma, destano, ad avviso dello scrivente, qualche perplessità, sotto il
profilo pratico, in relazione all’ipotesi in cui non sia possibile trovare un accordo in
mediazione: in questo caso, infatti, pare allo scrivente che la parte non abbiente non
avrebbe diritto al patrocinio a spese dello Stato e l’attività del legale che la assiste non
verrebbe in alcun modo retribuita, in violazione proprio dell’articolo 36 della Costituzione,
con svilimento dell’attività del legale, ma anche dell’istituto della mediazione che merita,
invece, di essere valorizzata e sempre più utilizzata.
(1) Il titolo riprende l’insegnamento del Prof. Francesco Paolo Luiso, il quale evidenzia che
la mediazione, fondata sull’autoresponsabilità delle parti, fa emergere i reali interessi e
bisogni delle parti, a differenza del giudizio contenzioso, che tutela i diritti dei medesimi.