Prima della Riforma Cartabia, purtroppo accadeva spesso che, qualora la lite riguardasse una pubblica amministrazione che agiva iure privatorum, quest’ultima negasse la propria partecipazione al procedimento di mediazione adducendo – più o meno esplicitamente – il timore di incorrere in responsabilità per danno erariale, così vanificando le finalità solidaristiche e deflattive proprie della procedura di mediazione stessa.
Come noto, infatti, la mediazione risponde al principio di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost. con l’intento di favorire una conciliazione amichevole tra le parti, con l’obiettivo altresì di sgravare l’impegno degli uffici giudiziari con positive ripercussioni sull’efficienza dell’intero sistema della giustizia civile italiana.
La mediazione può avere ad oggetto controversie relative a diritti disponibili e, in base alla materia di volta in volta implicata, può essere volontaria oppure obbligatoria.
Nel caso in cui la mediazione sia volontaria, la parte interessata a far valere il proprio diritto in giudizio potrà volontariamente e liberamente decidere di tentare prima la strada della composizione bonaria della lite avanti ad un organismo di mediazione territorialmente competente, mentre nel caso della mediazione obbligatoria è la stessa legge ad obbligarla ad effettuare tale tentativo prima di agire giudizialmente.
La mancata partecipazione delle pubbliche amministrazioni alla procedura, tanto volontaria quanto obbligatoria, aveva dunque come ovvia conseguenza non solo l’aumento dei costi per i soggetti implicati nella controversia, impossibilitati a trovare un accordo bonario e così costretti ad attendere gli esiti incerti del giudizio civile, ma anche l’ingolfamento della macchina giudiziaria.
Già in passato, in talune ipotesi, la Corte dei Conti aveva avuto modo di evidenziare come anche la pubblica amministrazione che agisce iure privatorum abbia l’obbligo di rispettare il dovere di solidarietà sociale di cui all’art.2 Cost., pur essendo sottoposta anche ad altri doveri quali quello di assicurare l’equilibrio dei bilanci, la sostenibilità del debito, il buon andamento e l’imparzialità nel proprio operato (cfr. art. 97, commi 1 e 2, Cost.), arrivando a sottolineare che “Così come è sindacabile la scelta di addivenire ad una transazione palesemente svantaggiosa per l’amministrazione, altrettanto sindacabile è la scelta di non concludere una transazione palesemente vantaggiosa” (Corte dei Conti, Sez. Giur. Umbria, 24 febbraio 2022, n.9).
In altre parole, l’obbligo di partecipare alla mediazione anche per la P.A. deriva dal dovere costituzionale di solidarietà sociale, ma l’effettiva scelta di concludere o non concludere un accordo dovrà essere valutata attentamente di volta in volta, considerando costi e benefici, senza dimenticare il dovere della P.A. di motivare la scelta adottata anche al fine di consentire agli organi competenti il controllo sulla legittimità del suo operato.
Al fine di incentivare la partecipazione effettiva delle P.A. alle procedure di mediazione, la Riforma Cartabia ha dunque introdotto una serie di nuove disposizioni all’interno del D. Lgs. 28/2010:
- 11 bis: prevede che ai rappresentanti delle P.A. che sottoscrivono un accordo di conciliazione si applichi l’art.1, comma 1 bis (ndr: comma 1.1), della L. 14 gennaio 1994 n.20, il quale a sua volta disciplina la limitazione della responsabilità contabile per i fatti e le omissioni commessi con dolo o colpa grave, consistente nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti;
- 12 bis: prevede che, in caso di mancata partecipazione al primo incontro di mediazione senza giustificato motivo, il giudice chiamato a decidere della controversia possa condannare la P.A. “inerte” al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio, trasmettendo una copia di tale provvedimento al P.M. presso la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti affinché possa provvedere all’adozione degli opportuni provvedimenti;
- 8 bis, comma 2: prevede la possibilità di partecipare agli incontri non solo in presenza, ma anche da remoto;
- 8, comma 4, secondo periodo: prevede che i soggetti diversi dalle persone fisiche possano partecipare alla procedura di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei necessari poteri.
L’auspicio, pertanto, è che l’ultima riforma rappresenti un ulteriore decisivo passo verso l’assunzione da parte della P.A. di un ruolo proattivo nella tutela dei diritti dei cittadini, anche a garanzia della loro effettività.
FONTI:
– F. Valenza, “La pubblica amministrazione e l’accordo conciliativo”, in M. Marinaro (a cura di), “Diritto della mediazione civile e commerciale”, 2023, Gruppo 24 ore;
– Corte dei Conti, Sez. Giur. Umbria, 24 febbraio 2022, n.9;
– Corte dei Conti, Sez. Piemonte, delibera n.20/2012/SRCPIE/PAR;
– G. Sabato, “Conciliazione e pubblica amministrazione. Opportunità e zone d’ombra”, in “Giornale di diritto amministrativo”, 2/2022, p.187.