Mediazione agraria – Tribunale di Cosenza Sentenza n. 470/2023 della Dott.ssa Laura Bianchi

Condividi questo Articolo

Condividi su facebook
Condividi su linkedin
Condividi su twitter
Condividi su email

Una recente sentenza permette di illustrare la conciliazione in un settore specifico si tratta della Sentenza del Tribunale di Cosenza Sentenza n. 470/2023.

Il fatto – La vicenda vedeva per protagonisti gli eredi di un proprietario di un fondo agricolo e l’erede dell’affittuario, nessuno dei quali coltivatore diretto.

I primi, morto l’affittuario, ricorrevano al giudice per lo scioglimento del contratto d’affitto del fondo, per il rilascio immediato del terreno, nonché per la condanna dell’erede dell’affittuario al pagamento dell’indennità da occupazione dello stesso.

In base alla legge 203/1982, infatti, il subentro nel contratto di affitto è previsto per i soli coltivatori diretti. La controparte, invece, lamentava come al caso fosse da applicarsi l’art. 1627 Cod. Civ. sul recesso, mentre l’art. 49 della   L. 203/1982 andasse circoscritto alle sole ipotesi di affitto a coltivatore diretto e, rigettando la pretesa, in via riconvenzionale chiedeva il pagamento dell’indennizzo di cui all’art 43 della citata normativa.

Il diritto – La materia dei contratti agrari è regolata dalla legge 3 maggio 1982, n. 203, Norme sui contratti agrari, che prevede una durata di quindici anni per il contratto di affitto, in mancanza di disdetta preventiva. La ratio della norma è quella di privilegiare il lavoro sulla proprietà, tutelare le posizioni di chi esercita attività di impresa con il lavoro proprio e della propria famiglia, storicamente deboli rispetto alla rendita.

Il diritto agrario è ben noto dai tempi del diritto romano, per il quale i cives erano anche agricoltori e che necessitavano di una normativa speciale, contrapposta a quella dei mercatores. Anche oggi, la disciplina dell’imprenditore agricolo si distingue da quello commerciale sotto il profilo fiscale, previdenziale, lavorativo.

Nella vicenda in esame, alla fine, il giudice accoglieva la domanda attorea e condannava il resistente a sgomberare il fondo. Non solo: la domanda posta dal convenuto in via riconvenzionale era considerata inammissibile, perché non preceduta dal tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 11 D. Lgs. 150/2011 (che ha abrogato l’art. 46 della L. 203/1982).

Conciliazione agraria ex art. 46 L.203/1982

L’ormai abrogata disposizione prevedeva che, in caso di controversie riguardanti il rapporto contrattuale, colui il quale intendesse adire le vie giudiziarie, doveva darne preventivamente comunicazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, all’altra parte e all’ispettorato provinciale dell’agricoltura competente per territorio.

L’articolo 46 “inventava” il procedimento di conciliazione agraria, prevedendone il procedimento nel dettaglio:

Il capo dell’ispettorato, entro venti giorni dalla comunicazione di cui al comma precedente, convoca le parti ed i rappresentanti delle associazioni professionali di categoria da esse indicati per esperire il tentativo di conciliazione della vertenza.

Quindi si aprono due vie: se la conciliazione riesce, viene redatto processo verbale sottoscritto da entrambe le parti, dai rappresentanti delle associazioni di categoria e dal funzionario dell’ispettorato. Se la conciliazione non riesce, si forma egualmente processo verbale, nel quale vengono precisate le posizioni delle parti.

L’attuale art. 11 D. Lgs. 150/2011 – Delle controversie agrarie ne riprende il contenuto, specificando che le controversie in materia di contratti agrari o conseguenti alla conversione dei contratti associativi in affitto sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente disposto e che sono competenti le sezioni specializzate agrarie di cui alla legge 2 marzo 1963, n. 320.

Solo nel caso in cui il tentativo di conciliazione non si definisca entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 3, ciascuna delle parti è libera di adire l’autorità giudiziaria competente.

Va ricordato, per comprendere il favor verso la mediazione che l’esecuzione di una sentenza che privi il concessionario di un fondo rustico del principale mezzo di sostentamento suo e della sua famiglia, o possa risultare fonte di serio pericolo per l’integrità economica dell’azienda o per l’allevamento di animali, costituisce grave ed irreparabile danno, ai sensi dell’articolo 373 cpc per cui il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte, disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI COSENZA

SEZIONE SPECIALIZZATA AGRARIA

dott. Antonio Sammarro                                           Presidente

dott. Andrea Palma                                                    Giudice

dott. Antonio Giovanni Provazza                             Giudice relatore

dott. Francesco Paese                                                Esperto

dott. Francesco Straface     Esperto riunito nella camera di consiglio ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile in primo grado iscritta al n. 2505/2022 R.G. vertente

TRA

e     difesi      dagli      avv.tim

E

dall’avv.

OGGETTO: Contratti agrari.

ricorrenti

 

rappresentato e difeso

resistente

CONCLUSIONI rese in data 15 marzo 2023, come da verbale d’udienza da intendersi qui integralmente richiamate e trascritte.

Ragioni di fatto e di diritto della decisione

Gli istanti, n.q. di eredi di                        e                                                 anche in proprio, quale proprietario del terreno agricolo di natura uliveto e seminativo sito nel

al foglio di

pagina 1 di 5

mappa 10, parte sud della particella n. 27, del Catasto Terreni di detto comune, acquisito per successi one testamentaria del padre            premesso che tale fondo veniva concesso in affitto, in forza di contratto verbale, da                                                              a

dante causa di                                   genitore dell’odiemo resi stente, chiedevano, il primo, la declaratoria di scioglimento del contratto di affitto per intervenuto decesso dell ’aftittuario del terreno, in mancanza dei presupposti di cui all ’art 49 L 203/82 in punto di subentro previsto nella sola ipotesi di eredi coltivatori diretti, per come accertato dalla sentenza dell ’intestato Tribunale n. 2182/2021 ed il rilascio immediato del terreno nonché tutti in qualità di eredi di                            la condanna al pagamento dell’indennità da occupazione sine titulo fino alla data del decesso di quest’ultimo e

anche in proprio dall ’epoca dell’intervenuto acquisto per successi one testamentari a (7.02.2022). In subordine il rilascio, oltre al pagamento del risarcimento del danno ovvero da arricchimento senza causa per avere il resistente ottenuto utilità dal fondo in questione con contestuale depauperamento del patrimoni o degli istanti.

resisteva alla domanda; evidenziava che non era stato esercitato il diritto di recesso ex art 1627 c.c., norma da ritenersi applicabile al caso di specie poiché l’art. 49 L. 203/1982 andava circoscritto all ’ipotesi di contratto di aftittanza a coltivatore diretto.

In riconvenzionale chiedeva il pagamento dell’indennizzo di cui all ’art 43 L. 203/1982. Eccepiva 1’intervenuta prescrizione del diritto risarcitori o per le annualità 2014 fino al 2016, contestando la generi ca ed eccessiva richiesta risarcitoria.

Concesse le note istruttori e, la causa veniva decisa all ’udienza del 15.03.2023.

La pretesa muove dall’assunto che il dante causa del resistente fosse un coltivatore diretto e che non via stato un subentro in favore dell’erede, in ragione dell’art. 49, ult. comma, L. 203/82, che presuppone, la sussistenza in capo a quest’ultimo della qualità di coltivatori diretti ovvero di imprenditore a titolo principale, requisito questo non riscontrato nel diverso giudizi o definito con Sentenza n. 2182/2021 (RG 581/2021)

Nella specie, a fronte di tali specifiche allegazioni, il resi stente ha negato l’applicazione dell’art. 49 L. 203/82 senza tuttavia specificamente contestare la qualità di coltivatore diretto in capo all’aftittuario

Tra l’altro, sul punto, nel precedente giudizio incardinato da                        (a cui sono succeduti morti s causa i ricorrenti) contro l’odiemo resistente definito con Sentenza N. 2182/2021, quest’ultimo contrastava la domanda di risoluzione per inadempimento del contratto di affitto di fondo rustico proprio sull’assunto che, svolgendo 1’attività di operaio, non fosse subentrato nel suddetto contratto, eccependo proprio la mancanza dei presupposti del più volte invocato art. 49 (cfr. all. 6). In una tale difesa era implicito, da parte il riconoscimento della ricorrenza della qualità di coltivatore diretto del

proprio genitore, tanto che la domanda veniva rigettata in difetto dei presupposti previsti in tema di subentro. Da ciò ne consegue che deve ritenere coperto da giudicato sostanzi al e la suddetta qualità di coltivatore diretto in capo a                                       trattandosi di un presupposto logico, essenziale ed indefettibile della suddetta pronuncia (Cass. n. 349/2002), atteso che il disposto normativo di cui sopra (art 49), non richiamato tra le norme applicabili alle ipotesi di contratti a coltivatori non diretti, per come affermato dallo stesso resistente, ha comportato, di conseguenza, 1’impli cito riconoscimento di detta qualità in capo all’affittuario nel diverso giudizio, sicché tale profilo deve ritenersi coperto da giudicato implicito.

In ragione di quanto sopra, pertanto, deve dichi ararsi sciolto il contratto di affitto in questi one all’epoca della morte dell’affittuario, deceduto in data 30.12.2014, e condannato il resi stente, detentore sine titulo, al rilascio immediato del                 libero e sgombero da persone, animali e cose.

Va accolta, altresì, la domanda volta ad ottenere la condanna del resistente al pagamento di una indennità per occupazione senza titolo del terreno in questione, tenuto conto che in caso di occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, il fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità, andata perduta, di esercizi o del diritto di godimento, diretto o indiretto, medi ante concessi one a terzi dietro corrispettivo (Cass., 15/11/2022, n.33645).

La domanda risarcitoria, relativa al danno subito dalla perdita di disponibilità del bene e dalla conseguente impossibilità di tranne l’utile che avrebbe potuto esserne ricavato, deve commisurarsi, tuttavia, al valore locativo del bene medesimo, pur richiesto in via subordinata, tenuto conto che l’utilità perduta è connessa alla precedente vicenda di affitto e alla correlativa mancata percezione del canone di locazione, difettando la prova che il

tempestivo rilasci o dell’immobile avrebbe consentito il diretto sfruttamento del terreno.                            g g

Tale valore, in mancanza di elementi che ritengano comprovato 1’importo indicato da parte ricorrente nella mi sura di € 400,00 mensili, può ricavarsi dalla diversa misura prospettata dal resi stente in punto di quantificazione del calcolo della chiesta indennità ex art. 43 L 203/1982, parametrata al canone di locazione indicato in € 1.706,00 annui, le cui contestazioni sollevate sul punto dai ricorrenti devono intendersi specifiche e circoscritte al solo fine di evidenziare 1’infondatezza di tale pretesa.

Ciò detto, considerato che 1o scioglimento del contratto è stato dichiarato con effetto a far data dal 30.12.2014 e tenuto conto che è fondata 1’eccepita prescrizione, trattandosi di illecito extracontrattuale, il danno da occupazione del fondo senza titolo deve ritenersi prescritta oltre il quinquenni o anteriore la messa in mora in atti (21.01.2022).

Pertanto il danno da occupazione deve quantificarsi in € 10.488,46, dal 21.01.2017 al 15.03.2023 (stante il rilasci o immediato, trattandosi di una occupazione), somma ottenuta, per praticità di calcolo, moltiplicando il numero dei giorni nell’arco temporale suddetto (2244) per il canone giornaliero (1706,00:365=4,674)

Ciò detto, tenuto conto della domanda per come formulata, il resistente deve condannarsi in favore degli istanti n.q. di eredi dix                                 al pagamento della somma complessiva di € 8.618,856 (fino alla data del 7.02.2022, pari a giorni 1844×4,674) nonché in favore del solo

divenuto proprietario esclusivo del terreno per volontà testamentari a, della somma di € 1.869,6 (fino al 15.03.2023, pari a giomi 400×4,674).

Trattandosi di obbligazione di val ore, la predetta somma deve esser e rivalutata e maggi orata degli interessi legali dalla domanda stragiudiziale (21.01.2022), da calcolarsi sulla medesima somma annualmente rivalutata, secondo i criteri dettati da Cass., Sez. Un., 1712/95.

Quanto alla dom anda ri convenzionale spiegata dal resistente la stessa deve dichi ararsi inammissibile, non essendo stata proceduta dal tentativo obbligatori o di concili azione di cui all’art 11 del D.lgs 150/2011.

Sul punto, difatti, la norma suddetta riproduce il contenuto precettivo dell’art. 46 della legge

  1. 203 del 1982, sottoponendo alla condizione di proponibilità le domande giudizi al e che hanno ad oggetto le controversie ‘in materi a di contratti agrari” (comma 1) e, per orientamento pacifico della giurisprudenza di 1egittimità, il tentativo di conciliazione in materia agraria deve esser e sempre ‘greventivo”, cioè attivato prima dell’inizio di qualsiasi controversia (cfr. Cass. Civ. n. 2046/10). L’inciso secondo cui “chi intende proporre in

giudizio una domanda relativa a una controversia” in materia agraria, 1asci a intendere che                    g g

pagina 4 di 5

anche la domanda proposta in riconvenzionale è soggetta alla condizione di “proponibilità”, la cui mancanza, comporta la definizione della causa con sentenza dichiarativa di improponibilità della relativa domanda (cfr. Cass. 16/11/2007, n.23816).

Non può nemmeno valorizzarsi tale pretesa in termini di eccezione, trattandosi di un profilo, quello dell’indennizzo, che non condurrebbe al rigetto delle richieste di parte istante, ma che anzi ne presuppone 1’accoglimento, né a diverse conclusioni può addivenirsi in merito al richiamato diritto di ritenzione che presuppone, invece, 1’accoglimento della domanda di indennizzo.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

  1. Q. M.

Il Tribunale di Cosenza, sezione specializzata agrari a, definitivamente pronunciando nella causa civile in primo grado iscritta al n. 2505/2022 R.G.A. C., così decide:

  • accoglie la domanda e per 1’effetto dichi ara sciolto il contratto a far data dal 12.2014;
  • condanna il resistente al rilasci o immediato in favore di del

catastalmente identificato al fg. 10, p.lla 27, dell ’estensi one di Ha 5.66.00 libero da persone, animali e cose;

  • condanna parte resistente al pagamento dell’importo complessivo di € 618,856 in favore dei ricorrenti nella qualità di eredi e di € 1.869,6 in favore di

oltre interessi e rivalutazioni come in parte motiva;

  • dichiara improponibile la domanda riconvenzionale;
  • condanna il resistente al pagamento in favore di parte ricorrente delle spese di lite, che liquida in € 500,00 per onorari, oltre il rimborso delle spese generali, IVA e CPA. da distrarsi in favor e dei procuratori istanti ex art 93 c.p.c..

Cosenza, 15.03.2023

Il Presidente

Dott. Antonio Sammarro

Il Giudice rel. e est.

Dott. Antonio Giovanni Provazza

Altro da visitare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *