Mediazione: amante incompresa della nostra giustizia. – della dottoressa Maria Naccarato

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Nella vita di tutti i giorni saper mediare può essere un vantaggio sia per noi stessi, sia per le persone con cui interagiamo. Capire l’altro, infatti, ascoltarne i bisogni, essere risolutivi rispetto a problematiche, apparentemente  non molto rilevanti, non può che agevolare la nostra rete di relazioni sociali. Questo vale in qualsiasi circostanza della nostra vita, partendo dalla singola sfera familiare fino a quella più ampia del nostro vivere sociale. Pensiamo a quante volte in casa si litiga fra fratelli ed interviene un genitore a pacificarli, figuriamoci nella nostra turbolenta società quante controversie da appianare ci sono quotidianamente. Questo preambolo serve per farvi riflettere sull’importanza della figura del mediatore civile nel nostro Paese, una figura “fantasma” o del cui ruolo ancora oggi non si è compresa la notevole funzionalità. Questa, come tante delle altre nostre risorse, non è sfruttata al meglio. Gli italiani spesso dimenticano la loro storia, soprattutto quella su cui si fonda la nostra legge e la nostra organizzazione sociale. Non bisogna soltanto guardare al primato americano in tale settore o a quello delle altre nazioni europee, per capire quanto utile possa essere la figura di un mediatore, possiamo comprenderlo anche solo guardando all’organizzazione legislativa dei nostri antenati. Basti pensare come un passo delle XII Tavole, la più antica opera legislativa di Roma, contenesse l’obbligo dei magistrati di emanare sentenza per legittimare l’accordo che i litiganti avessero stipulato prima di recarsi davanti al Tribunale: “Si dum in ius veniunt, de re transactum fuerit inter vocatem et vocatum, ita ius esto”, così recitava la disposizione. Le parti, prima di andare davanti al Pretore, si impegnavano per cercare di raggiungere un amichevole componimento della lite: “la concordia aveva il suo tempio lontano dal Foro, ed il più bel monumento innalzato alla memoria e in onore del sommo Giulio Cesare fu la colonna ai cui piedi il popolo si portava per offrire i sacrifici e concludere le liti, con una solenne formula di giuramento pronunciata in nome del padre della patria” (Svetonio, in “Giulio Cesare”). “Se le parti si mettono d’accordo, in tal caso il magistrato emetta sentenza” e “Se le parti non trovano un accordo le stesse parti espongano gli aspetti essenziali della causa nel foro o nel comizio prima di mezzogiorno”, questo dimostra l’importanza conferita alla pacificazione tra le parti mediante un accordo; solo in caso di insuccesso dello stesso si sarebbe iniziata una causa. Lo stesso vocabolo mediator aveva presso i Romani a che fare con il commercio, infatti, si trattava di una figura che, indagando la volontà e la convenienza dei negozianti, si intrometteva tra di loro per trattare e pacificarli con un’azione lecita ed onesta. Zeleuco di Locri,per farvi un altro esempio, vissuto nel VI secolo a.C., viene considerato da molti studiosi il primo legislatore del mondo occidentale; In uno dei suoi frammenti, in attinenza con ciò che stiamo trattando, recita: “Vietarsi di intraprendere un giudizio fra due se prima non si sia tentata la riconciliazione”. Allora io vi chiedo: perché non seguire l’esempio dei nostri antichi greci o romani anche nella nostra società? Perché risulta cosi difficile capire quanto necessaria ,sia oggi, l’azione di un singolo in controversie fra due parti, risolvibili senza l’intervento del Tribunale? Quest’ultimo potrebbe essere di molto agevolato dal contributo di una figura qualificata in grado di pacificare disordini e problematiche comuni che ingrassano la trafila di cause più serie ed impegnate,di cui già risulta complicato occuparsi in tempi più o meno consoni. Se funzionassimo come un organismo organico e diversificato,dove ognuno compie un ruolo nell’interesse del pubblico e,prima ancora,dei singoli, si potrebbe snellire il peso di un sistema giudiziario pedante e tardo nelle risoluzioni. In Italia l’istituto della mediazione civile nasce ,infatti, per alleggerire il carico giudiziale e si propone come alternativa o fase obbligatoria e preliminare all’instaurarsi di liti di natura civilistica. È stata introdotta con il Decreto Legislativo numero 28 del 2010 che ha rappresentato il punto di arrivo di un processo lungo e complesso, in materia civile e commerciale. Quello su cui è necessario soffermarsi è che la mediazione deve essere considerata come uno dei mezzi di attuazione del sistema di giustizia, e non come uno strumento di risoluzione contrapposto al sistema di giustizia. Questo è il vero nocciolo del problema italiano, a mio parere, non essere riusciti a recepire il mediatore come un surplus a sostegno del mondo giuridico, e non come un di più ed un elemento estraneo allo stesso. La mediazione, non è di carattere “procedurale”, ma funzionale, e come tale deve essere affidata caso per caso alle parti ed al mediatore. Per spezzare una lancia a favore di tale argomentazione, non si può dimenticare che in molte realtà nazionali la mediazione era totalmente sconosciuta fino a pochi anni fa, e che la stessa ampiezza di diffusione geografica raggiunta ,ad oggi, si può ritenere già in sé un successo non indifferente. Sicuramente, però, il raggiungimento di elevati livelli di utilizzazione, anche nella più favorevole delle ipotesi, richiederà tempi medio-lunghi. A tal proposito, sarebbe interessante studiare a fondo l’esempio del forse maggior successo mondiale della mediazione, almeno rispetto all’obbiettivo della riduzione del numero delle cause, quello dell’Argentina, che in 15 anni ha raggiunto una percentuale molto  alta di successo della mediazione in relazione al numero delle cause iscritte, e che vede adesso l’adesione convinta della classe forense. Allora perché non iniziare ad operare ,in maniera più consapevole, anche sul nostro territorio? Perché non sposare la causa giustizia e mediazione?  Alla fine di questo mio excursus sento di poter dire che se la mediazione può essere un’ ottima amante per la nostra giustizia, vale la pena mettere il dito tra moglie e marito.

 

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