Trib. Roma, 29.12.2021, n. 20160 – 01.02.2022
Una recentissima pronuncia del Tribunale di Roma, depositata in data 29 dicembre 2021, è di indubbio interesse in materia di Mediazione Civile e Commerciale in quanto affronta un tema senz’altro significativo e riguardo al quale è opportuno fare chiarezza, ovverossia quello del rapporto tra il contenuto della domanda di mediazione, cioè l’istanza con la quale viene dato impulso al procedimento stragiudiziale previsto e disciplinato dal D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, e il contenuto dell’atto introduttivo della causa giudiziale.
Prima di focalizzare l’attenzione su questo tema, è molto opportuno inquadrare, se pur succintamente, la vicenda relativa al caso di specie. Si trattava, dunque, di una controversia in materia condominiale, e concernente l’impugnazione, da parte di una condomina, di una delibera assembleare con la quale era stata approvata la proposta transattiva, formulata ed avanzata dal condominio in sede di mediazione, per la correzione delle tabelle millesimali approvate dall’assemblea medesima.
La condomina, in qualità di parte attrice nell’ambito del procedimento giudiziale, aveva dunque contestato la delibera assembleare, innanzi al giudice adito, chiedendo che ne venisse dichiarata l’invalidità, ed invocando, a suffragio di tale richiesta, vari motivi di impugnazione, ivi compreso il presunto erroneo calcolo dei millesimi degli appartamenti di proprietà dell’attrice medesima, considerati come se si trattasse di un’unica unità immobiliare, se pur catastalmente distinti, nonché il fatto che la delibera impugnata sarebbe stata assunta con una maggioranza inferiore rispetto al quorum deliberativo previsto per le modifiche delle tabelle. In definitiva, l’attrice aveva chiesto di annullare la delibera assembleare impugnata ed anche l’accordo di conciliazione costituente esito del procedimento di mediazione. Si erano dunque costituiti in giudizio, in qualità di convenuti, sia il condominio sia alcune condomine, contestando gli assunti prospettati dall’attrice e chiedendone il rigetto, ed eccependo, tra l’altro, la questione relativa al contenuto della domanda di mediazione in relazione all’atto introduttivo del processo, tema che si vuole qui trattare più diffusamente.
Secondo la prospettazione offerta dai convenuti, il contenuto dell’istanza di mediazione deve essere necessariamente simmetrico rispetto a quello dell’atto introduttivo della causa giudiziale, il che significa che la domanda di mediazione deve essere connotata da tutti gli elementi che qualificano la domanda giudiziale, eventualmente riportandoli in maniera succinta, e che rendono la domanda giudiziale stessa conoscibile nel merito.
Il giudice adito si è pronunciato sulla questione richiamando il dettato normativo di disposizioni del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 e di disposizioni del Codice di procedura civile.
In particolare, si è individuato, come punto di partenza, quanto previsto dall’art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 28/2010 in riferimento alle conseguenze derivanti dalla domanda di mediazione per quanto riguarda la prescrizione e la decadenza dei diritti soggettivi. Tale previsione afferma che, dal momento della comunicazione alle altre parti, l’istanza di mediazione produce sulla prescrizione gli stessi effetti della domanda giudiziale, e, a partire dalla stessa data, l’istanza impedisce la decadenza una volta soltanto, con la precisazione che, ove il tentativo di mediazione non dovesse avere esito positivo, la domanda giudiziale deve essere presentata entro il medesimo termine di decadenza, che decorre dal deposito del verbale di mediazione presso la segreteria dell’organismo. La rilevanza di questa previsione normativa in relazione al caso di specie era dovuta al fatto che, come peraltro documentato in atti, l’attrice aveva dato avvio al procedimento di mediazione in un momento antecedente all’impugnazione della delibera assembleare ai sensi dell’art. 1137 cod. civ., determinando così, come effetto, la sospensione del termine di decadenza, tornato poi a decorrere con il deposito del verbale di mediazione attestante l’esito negativo della procedura stragiudiziale.
Altra previsione richiamata dal Tribunale di Roma, nella pronuncia di merito in esame, è l’art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 28/2010, rilevante in quanto individua i requisiti contenutistici dell’istanza di mediazione, ovverossia l’indicazione dell’organismo ove l’istanza stessa è depositata e delle parti, nonché l’oggetto e le ragioni della pretesa. Come evidenziato dal Tribunale, dunque, la ratio di tale previsione normativa è evidentemente quella di ottenere, nell’ipotesi di eventuale successiva causa giudiziale, una simmetria tra lo stesso art. 4, comma 2, e l’art. 125 cod. proc. civ., concernente il contenuto degli atti processuali, con la sola eccezione degli “elementi di diritto”, così da garantire, come precisato in una sentenza non risalente della Corte di cassazione, che quanto sottoposto all’organismo di mediazione trovi poi corrispondenza in quanto successivamente portato all’attenzione dell’autorità giudiziaria (Cass. Civ., Sez. III, 13/11/2019, n.29333).
Ecco quindi che l’istanza di mediazione deve presentare gli stessi elementi (ossia, parti, oggetto, ragioni) che vengono successivamente indicati in sede giudiziale ai sensi dell’art. 125 cod. proc. civ., e particolare importanza riveste la causa petendi, giacché vi deve essere una coincidenza quanto alle ragioni della domanda, di modo da porre la parte invitata (o “chiamata”, che dir si voglia) nelle condizioni di poter conoscere quelle questioni che sono “costitutive” della pretesa fatta valere dall’altra parte.
Per quanto riguarda il caso di specie, l’attrice, presentando istanza di mediazione, aveva allegato ad essa un atto all’interno del quale venivano indicate le ragioni stanti alla base della richiesta, e, da quanto emergeva dal documento, tali ragioni corrispondevano al contenuto dell’atto di citazione, fatta eccezione però per il motivo di impugnazione della delibera assembleare relativo al quorum, sollevato invece per la prima volta soltanto all’interno dell’atto introduttivo della causa giudiziale. Si trattava, in sostanza, di un motivo nuovo, emerso solo con la notifica dell’atto di citazione, a termine di decadenza abbondantemente scaduto.
In conclusione, per i rilievi effettuati riguardo al disposto delle citate previsioni normative, è stata rilevata la decadenza dall’impugnazione ex art. 1137 cod. civ. per il vizio legato al difetto di quorum deliberativo, tenendo conto del fatto che, come è emerso chiaramente dagli atti, tale vizio non era stato prospettato in sede di mediazione obbligatoria, con il conseguente rigetto della domanda dell’attrice in ragione della tardività dell’impugnazione.
dottor Edoardo Barni