- Incipit. La vicenda. – 2. Le statuizioni della Corte di Cassazione. – 3. L’addebito. – 4. Il dovere di assistenza materiale.
- Incipit. La vicenda.
Con l’ordinanza 10 febbraio 2022, n. 4327, la Corte di Cassazione, sez. VI – 1 civile, ha affermato, da un lato, che l’instaurazione di una relazione affettiva da parte della moglie durante il matrimonio non costituisce causa di addebito della separazione, se la crisi della coppia è anteriore rispetto all’inizio del nuovo legame affettivo e non vi sia nesso di causalità fra la condotta violativa degli obblighi derivanti dal matrimonio e l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza; dall’altro, che l’eventuale sostegno economico occasionale fornito dal nuovo rapporto sentimentale al coniuge economicamente più debole, nell’ambito di una relazione affettiva che non abbia un carattere di stabilità e serietà, fanno permanere in capo al coniuge economicamente più forte il dovere di assistenza materiale che caratterizza il vicolo matrimoniale.
La ratio di detto assunto si rinviene nell’istituto della separazione personale che, contrariamente a quanto accade con lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, non implica la fine del rapporto matrimoniale, bensì una situazione di allontanamento temporaneo che comporta solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione.
La vicenda di cui si occupa l’ordinanza de quo riguarda un giudizio di separazione personale, nell’ambito del quale un coniuge aveva svolto domanda di addebito in capo all’altro, in ragione dell’instaurazione da parte della moglie di una relazione sentimentale durante il matrimonio, mentre la moglie chiedeva la corresponsione dell’assegno di mantenimento a causa della propria fragilità economica.
In primo grado, il Tribunale accoglieva integralmente le domande del coniuge tradito, addebitando la separazione all’altra coniuge e negandole conseguentemente il diritto all’assegno di mantenimento. In appello, invece, la decisione della Corte aveva ribaltato le statuizioni del primo grado, negando l’addebitabilità della separazione alla moglie e riconoscendole un assegno di mantenimento di 200 euro al mese. Il coniuge obbligato impugnava dunque le statuizioni della corte d’Appello richiedendo la cassazione della sentenza impugnata su entrambi i capi.
- Le statuizioni della Corte di Cassazione.
Con l’ordinanza in esame la Suprema Corte di Cassazione ha respinto tutti i motivi di impugnativa statuendo quanto segue.
Quanto alla domanda di addebito, la Cassazione ha ritenuto corrette le decisioni della Corte d’Appello, la quale ha ravvisato l’anteriorità della crisi della coppia rispetto all’infedeltà della moglie ed escluso il nesso causale tra quest’ultima condotta, violativa degli obblighi derivanti dal matrimonio, e l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, ritenendo la relativa motivazione come puntualmente suffragata dalle risultanze istruttorie e caratterizzata da un chiaro ed ampio percorso logico-giuridico.
Quanto alle statuizioni circa l’assegno di mantenimento, la Cassazione ha confermato le decisioni della Corte di Appello nell’escludere che l’occasionale aiuto economico che la coniuge aveva ricevuto dal nuovo partner per pagare le spese di giudizio del primo grado potesse rilevare quale causa di esclusione del diritto alla percezione dell’assegno. In particolare, la Corte ha preliminarmente ribadito, dal punto di vista processuale, che l’accertamento di fatto compiuto sulle risultanze istruttorie non è sindacabile in sede di legittimità se non per vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, escludendo così che il motivo di impugnazione rientrasse nella casistica appena menzionata.
Riguardo ai profili sostanziali, invece, la Corte ha puntualizzato che, nonostante la sussistenza di un legame affettivo da cui è derivato alla coniuge un «occasionale aiuto economico […] per provvedere al pagamento delle spese legali di primo grado», l’assenza di «un legame serio e stabile, avente caratteristiche assimilabili a quelle del coniugio» impedisce di valutare il suddetto aiuto economico quale causa ostativa del diritto alla percezione dell’assegno e di ritenere perciò cessato il dovere di assistenza materiale in capo al coniuge economicamente più forte.
Anche in tema di assegno di divorzio le Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 32198 del 5 novembre 2021 hanno statuito che «l’instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno.
Qualora sia giudizialmente accertata l’instaurazione di una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche all’attualità di mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa.
A tal fine, il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare; della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescite professionale in costanza di matrimonio; dell’apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge».
- L‘addebito.
Per meglio comprendere la ratio della pronuncia in esame, è opportuno un breve richiamo al concetto di addebito della separazione.
Presupposto per la pronuncia di addebito, che ha carattere accessorio rispetto alla domanda di separazione, è che il coniuge nei cui confronti è richiesto abbia tenuto un comportamento contrario ai doveri coniugali. Tale violazione, tuttavia, non è di per sé sufficiente a fondare l’addebito, essendo altresì richiesto che dal comportamento colpevole del coniuge sia derivata l’intollerabilità della convivenza.
Il coniuge cui sia stata addebitata la separazione perde i diritti al mantenimento e i diritti successori nei confronti dell’altro.
Nell’applicazione giurisprudenziale vengono in rilievo numerose cause di addebito, tra cui la violazione dell’obbligo di fedeltà, del dovere di coabitazione, del dovere di assistenza morale e materiale, del dovere di rispetto dell’altro coniuge, etc.
Per quel che qui rileva, in giurisprudenza hanno assunto rilievo in riferimento alla violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale comportamenti quali la pratica del meretricio da parte di un coniuge[1], l’infedeltà omosessuale[2]; il concepimento di un figlio con altra persona[3].
Peraltro, in tema di separazione personale con richiesta di addebito grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà[4].
Per quel che concerne il diritto al mantenimento, il coniuge a cui sia stata addebitata la separazione, qualora fosse astrattamente titolare del diritto di mantenimento, perde tale diritto. Egli conserva tuttavia il diritto agli alimenti, qualora sussista il presupposto dello stato di bisogno richiesto dall’art. 438, comma 1, c.c. e nella misura determinata dal comma 2 della medesima norma, id est in proporzione al bisogno di chi domanda gli alimenti ed alle condizioni economiche di chi deve somministrarli.
- Il dovere di assistenza materiale.
Proprio in merito al mantenimento, la decisione della Corte in commento ha statuito sia in merito all’an che al quantum dell’assegno, ribadendo che «la separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché in assenza della condizione ostativa dell’addebito, resta ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell’assegno di divorzio[5]; quanto alla determinazione del quantum dell’assegno di mantenimento, inoltre, è sufficiente che sia fondata su un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi[6], come avvenuto nel caso in esame».
Applicando detti principi alla fattispecie oggetto di esame, la Cassazione ha ritenuto corretta la quantificazione dell’assegno operata dalla Corte di Appello, la quale, a seguito di valutazione comparativa operata sulle condizioni economiche e patrimoniali dei due coniugi, ha deciso di riconoscere alla coniuge economicamente più debole un importo molto ridotto «in ragione della mancanza di reddito di P., che non aveva mai svolto attività lavorativa ed era priva di una professionalità che le consentisse l’ingresso nel mondo del lavoro».
Avvocato Chiara Bevilacqua
chiarabev@gmail.com
[1] Cass. Civ., sentenza n. 20256 /2006.
[2] Trib. Brescia, 14 ottobre 2006.
[3] Trib. Bologna, 25 ottobre 2007.
[4] Cass. civ., sentenza n. 2059/2012.
[5] Sul punto, cfr. Cass. Civ. n. 16809/2019 e Cass. Civ. n. 12196/2017.
[6] Di recente Cass. Civ. n. 975/2021.
L’avvocato Chiara Bevilacqua nasce a Valdagno (VI) il 3 febbraio 1976.
Consegue la laurea magistrale con lode a 23 anni in Economia e Legislazione per l’Impresa presso l’Università L. Bocconi.
Inizia la sua carriera professionale presso la banca d’affari Citigroup a New York e Londra, dove per quattro anni si occupa di finanza straordinaria, partecipando a numerose operazioni di quotazione, fusioni, scorpori nel mercato italiano e internazionale.
Prosegue la sua attività a Milano presso la banca d’affari del Gruppo UniCredit.
Nel 2009, sceglie di rallentare i ritmi lavorativi per dedicarsi maggiormente alla crescita dei suoi figli gemelli, nati nel 2005.
Nel frattempo Chiara consegue la laurea magistrale con lode in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano, specializzandosi in diritto penale processuale, nonché la successiva abilitazione per l’esercizio della professione forense (Foro degli avvocati di Milano).
Attualmente collabora con il dipartimento di diritto penale Cesare Beccaria, occupandosi di diritto processuale penale. Chiara ha conseguito l’abilitazione per l’iscrizione all’Elenco Unico Nazionale dei Difensori d’Ufficio. Si occupa altresì di diritto societario, contenzioso, antitrust, diritto del lavoro, nonché di diritto penale nell’ambito familiare.
E’ autrice di copiosi elaborati pubblicati in riviste specializzate nella materia penalistica e in mediazione: Diritto Penale Contemporaneo, Archivio Penale, Sistema Penale, Ondif, Diritto.it , Studio Cataldi. Ha collaborato con la casa editrice Giappichelli alle Raccolte 2018-2019-2020 di «Un anno di sentenze. Penale, Civile, Amministrativo».
Diplomata in pianoforte al Conservatorio di Vicenza, è appassionata di arte e musica classica e fermamente convinta che la cultura sia strumento di libertà e conoscenza del prossimo.
Il suo percorso da avvocato inizia presso lo Studio Trevisan & Associati di Milano, dopodiché Chiara prosegue in autonomia l’attività, collaborando con selezionati studi legali e sfruttando le competenze maturate in ambito finanziario-giuridico.
Da sempre sostenitrice che fare l’interesse del cliente implichi l’utilizzo di forme di dialogo e collaborazione, di un nuovo approccio per la gestione delle controversie e dei conflitti, Chiara si avvicina al mondo della mediazione che la porterà nel febbraio 2019 a diventare Mediatore Civile e Commerciale e nel 2021 a iscriversi al master in Mediazione Familiare, in corso di conseguimento.
Crede fermamente in un percorso alternativo al contenzioso giudiziale che possa portare le persone a decidere autonomamente come risolvere i propri conflitti, a far emergere e soddisfare pienamente i bisogni e gli interessi effettivi. Ha trovato in Dpl Mediazione & Co. una realtà che riflette pienamente questi valori.
La vicinanza alla persona, la capacità di accogliere il problema,x l’essere equi-prossimi nella gestione dei conflitti, sono elementi che contraddistinguono l’operatività di Dpl Mediazione & Co. e l’approccio di Chiara con i suoi assistiti nella quotidianità della professione.
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